Dalle 9.30 in poi il nostro compito è mungere vacche. Obiettivo ricavare più latte possibile.
Essendo una cosa che facciamo da ormai venti giorni, abbiamo appreso il meccanismo e lavoriamo come una squadra, ognuno con il suo compito. Cerco di raccontarvi come agiamo:
step by step.
Prima tappa milk house, per prendere acqua calda e un secchio per il trasporto del latte. Una volta in stalla separiamo i piccoli, dalle mamme. Prepariamo del fieno mischiato con semi di grano, e le facciamo entrare in una separata sede, apposita per immobilizzarle. Leghiamo la zampa posteriore ad un palo, e le fissiamo la testa con due sbarre di metallo. Una volta bloccata possiamo cominciare a mungere. Dopo aver lavato le mammelle con l’acqua calda, possiamo attaccarci la macchina per mungere: un motorino crea una depressione tale da succhiare il latte. Per farla stare calma e permettere una buona mungitura, provvediamo a
non farle mai mancare il fieno ma soprattutto la riempiamo di coccole. Bisogna stare attenti ad eventuale cani, che abbaiando potrebbero darle fastidio, oppure a cavalli che vengono in stalla a rubarle il cibo mentre mangia. In un quarto d’ora abbiamo finito di mungere, ma l’intero lavoro può durare anche più di un ora e mezza.
Ho scoperto di essere allergico al fieno, infatti posso toccarlo solo per pochi secondi altrimenti le mie braccia si riempiono di bolle, incomincio a starnutire e gli occhi cominciano a prudere.
Il secchio che usiamo per accumulare il latte è da dieci litri: a volte ne mungiamo cinque mentre altre volte è pieno. Dipende dalle giornate. Il latte che mungiamo viene portato nella milk house, dove lo filtriamo e imbottigliamo, pronto per essere bevuto dalla stazione.
L’altro giorno Steven ha sparato ad un cavallo selvatico. Vengono uccisi perché distruggono le barriere e infastidiscono il bestiame. Ad Orroroo sparavano ai canguri per questioni di bioequilibrio, perchè troppi avrebbero alterato l’equilibrio dell’ecosistema.
Ma che fine ha fatto il cavallo? Cibo per i cani.
Non avevo mai fatto il macellaio in vita mia. Fortunatamente abbiamo tagliato solo le gambe, quindi non ho visto ne testa, busto, budella o altre cose che sicuramente mi avrebbero provocato un’improvvisa voglia di vomitare. Tagliare a brandelli, affilare coltelli, impachettare e mettere in freezer. Al momento non mi ha fatto alcun effetto, ma per tutto il giorno ho avuto l’odore del sangue sulle mani, le unghie si sono colorate di nero, peggio di quando maneggiavo benzina, grasso o olio del motore. Odore non è piacevole, mi sentivo un killer.
Cheers
I ghost tree sono i miei alberi preferiti. Hanno il tronco e i rami di questo colore, bianco latte.
Le foglie invece sono verdissime e creano un’armonia tra i colori. Bianco acceso e verde smeraldo. Qui vengono usati come bio-indicatori. Infatti sotto ognuno di essi c’è una grande riserva d’acqua, utile utilissima, anzi fondamentale per la vita nel bush. Sono come delle bandierine sulla terra, se scaviamo troviamo l’acqua.
Fantastici la sera, soprattutto per la miscela di colori che si viene a creare: luce morbida ( non forte, accesa come quella del mezzo giorno), il giallo dorato del bush, terra rosso loam. Epici.
Windmill sono dei … non mi viene la parola in italiano… mulini a vento. Servono per pompare l’acqua da sottoterra alla superficie, per poi immagazzinarla in giganti Tank, ovvero serbatoi che possono contenere fino a 120.000 litri. Altissimi e alcuni di essi molto vecchi, assomigliano a dei Totem in mezzo al niente. Li ho trovati in Victoria, soprattutto nel South dove è pieno zeppo di campagne. Ma anche qui a Nord ne sto vedendo parecchi. Un metodo naturale per estrarre l’acqua dal suolo: l’unica energia che gli serve per pompare è quella
creata dal movimento delle pale, generato dal vento