Con qualche giorno off ho deciso di andare ad Alice Springs, perché non ci passavo da Natale e avevo voglia di tornare in “vita”. Eva lavorava, quindi ho deciso di tornare in città da solo anche per farmi gli affari miei almeno per una giornata. Che poi detta così sembra chi sa cosa, ma in realtà non avevo niente da fare e … niente ho fatto. Lo shopping sfrenato pre-natalizio aveva un senso: stare ad Ulurù per altri quattro mesi. Ormai Il 25 Aprile arrivo al traguardo, ovvero è il mio ultimo giorno di lavoro con un sunset tour. Tempo di organizzare altre due tre cose e poi bbaaang torno ad Alice per organizzare la super meritata vacanza, che merita un post a parte.
Prima di tornare in città ho chiamato due, tre alberghi che conoscevo ad Alice Springs, ma sfortunatamente tutti si sono scusati perché non avevano più un posto libero. Che succede ? C’è un grande evento e la città è piena? No, semplicemente piove da tre giorni. Tutti i campeggi sono impraticabili e la gente si è riversata negli alberghi.
Non sono un amante degli ostelli ma non avendo altra scelta mi sono dovuto adattare. No camere singole quindi ho chiesto quali altre possibilità fossero possibili? Condividere la camera con quattro, sei, otto oppure sedici persone? Chiaramente ho scelto di condividerla con sedici mates! I bagni sono condivisi e la camera è mista uomini, donne. Promette bene… infatti devo ammettere che ero abbastanza timoroso all’inizio perché non sapevo in che ambiente mi sarei trovato , ma dopo due giorni non ho avuto per niente una brutta impressione. La prima notte eravamo solo in cinque mentre la seconda in otto. La cucina era super fornita e “pulita” e internet funzionava velocemente. Dentro ho stretto con un ragazzo tedesco che mi ha passato un paio di film e tutta le prime tre serie di Game of Thrones ( una serie tv che tutti parlano), e due ragazzi catalani che stanno facendo il giro dell’emisfero sud. Pagato 50 dollari per le due notti, voto positivo.
Lo studente come va? L’ho visto decisamente concentrato. Sta interpretando il lavoro così come l’avevo interpretato io all’inizio. Ha avuto davvero poco tempo per preparare l’esame necessario per l’accreditation ma da quello che mi ha detto tutto è andato per il senso giusto. Il nostro obiettivo era quello di passare informazioni necessarie per superare l’esame. Mentre tutto ciò che riguarda ufficio, preparazione tour, dealing with customers e tutto il mondo che ci gira attorno: dopo che ha fatto l’accreditation. Sono contento di come stiano andando le cose ma soprattutto come ha interpretato il lavoro ovvero in quanto tale, non come una vacanza.
Pochi giorni fa ho fatto l’ultimo charter e come al solito è stato un successo. La prima volta ho avuto alcuni problemi perché non conoscevo ancora bene come gestire questi grossi di gruppi venti, trenta persone. I charter group ( ovvero gruppi organizzati che partoni insieme dall’Italia) di solito sono quelli che mi “ mandano in paranoia” più degli altri. Il motivo è perché vedono in te guida l’ingegnere delle cose che sono andate storte nel viaggio. Pensano che tu sia un agente di viaggio perché finalmente trovano qualcuno che parla italiano e aleeeeeee, possono scaricare tutto quello che hanno da dire. Perché ci hanno organizzato quello, perché è così perché è cosa… Spesso è gente che a voce dice di avere girato il mondo, poi alla prima difficoltà si bloccano e non sanno come fare guardandoti con quegli occhietti da gattino: “E ma come faccio?” Vanno dall’altra parte del mondo e si aspettano che tutti parlino italiano.
Comunque a parte la marea di domande/stronzate che mi che mi vengono rivolte all’inizio, poi si rilassano e si lasciano trasportare. Il più delle volte il programma è: arrivo e Sound of Silente la stessa sera, secondo giorno alba più tramonto, ultimo giorno outbound ovvero li riporto in aeroporto.
Molti mi chiedono come faccia a vivere qui se non c’è niente da fare. Punto primo non è che vivo da sempre qua, anzi sto facendo una stagione di sei mesi e quando questa sarà finita anche io me ne andrò. Punto secondo amo questo posto, ed è stato lui a darmi questa opportunità di crearmi questa esperienza lavorativa, quindi lavorare qui per me non è un obbligo ma anzi un piacere. Anche perché riesco a passare tutta la passione che provo per questo posto nella mia stessa lingua, anche se un po’ arrugginita. A parte al lavoro per il resto la mia vita è tutta in inglese da qui a ormai ventuno mesi. Mi ricordo che il primo tour che ho fatto in italiano a momenti non mi uscivano le parole di bocca. A proposti essendo ormai cresciuto con l’accento australiano faccio fatica a interpretare gli altri accenti. Alcuni inglesi hanno un accento fortissimo senza parlare degli americani e a detta loro “ we don’t have any accent” detto come se stessero masticando un’enorme cicca. Poi se non sei dell’outback o della Tasmania per il resto riesco starti dietro perfettamente.
Ora sono sul pullman sto tornando a casa. Mi ricordo che quando ero piccolo quando vedevo il forum d’Assago sapevo di essere vicino a casa. Adesso quando vedo Uluru so di essere vicino a casa!!!