Lavapiatti a Sydney

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Sabato sera è il giorno più “busy” della settimana. Le temperature tendono ad alzarsi, la bella stagione è alle porte e la gente, soprattutto i turisti, sono invogliati a uscire per cena.
Mi ricordo che la prima volta che sono entrato in cucina ero abbastanza spaventato, anche perché reduce da due prove di lavoro non troppo fortunate. Le prime parole che mi rivolgeva lo chef riuscivo malapena a capirle, anche se il lavoro era bene facile: lavare i piatti. Con il passare del tempo anche lo staff della cucina si è avvicinato, cercando di fare conversazione, ma io capivo veramente poco. Mi dovevo far ripetere le cose dalle tre alle quattro volte. Fanculo, non mi ricordavo manco come si dicesse “scopa”, dopo anni di Harry Potter. Ho cercato di essere sempre gentile, chiedendo “sorry” ad ogni errore. Voglio far presente comunque, che i ragazzi che lavorano in cucina sono tutti nepalesi, tailandesi, indiani e delle Fiji. Il fish and chips diventa fiS en Sip, e lo chef delle Fiji ad esempio, chiude tutte le parole con la “AH” : Conteiner- ConteinAH, water-watAH,
better- bedAH, wait-waitAH e via così. Con la thailandese è ancora più difficile, perché oltre ad un accento molleggiato, ha anche il tono di voce è basso.


Con il passare dei giorni ho cominciato a farmi spazio: ho imparato a fare i dessert, grazie soprattutto grazie al mio collega Daniel il colombiano. Con la fortuna di lavorare sei giorni a settimana ho avuto il tempo necessario per affilare l’arte dei dessert e, ora mi ento sicuro su quello che preparo: “dessertAH” da 20 dollAH.

Nel frattempo anche il mio “orecchio” si è allenato ed allineato alla mentalità della cucina. Ora faccio il Runner di cucina, ovvero sto vicino agli chef e corro avanti e indietro per il frigo, portandogli tutto ciò di cui hanno bisogno per preparare il piatto. Il lavoro è stato doppio durante il primo
mese, perché prima dovevo capire “cosa” stavano dicendo, poi andare nel frigo, cercarlo e prepararlo.


Abbiamo due turni in cucina, quello della mattina e quello della sera. Quello del mattinoè solitamente più “quiet”, mentre la sera è più movimentata. Durante il mattino, non essendoci molto da correre, allora ti fanno pelare 10 kg di cipolle, 15 di patate, ti fanno aprire e pulire tutti i tipi di pesci e granchi, cosa comunque molto utile da sapere. La sera
invece non c’è tempo per preparare o fare altro: c’è sempre qualche dessert da fare, correre avanti e indietro per il “conteinAH” esterno e prendersi gli insulti dagli chef.


Preferisco un lavoro in movimento, non statico perché se mi annoio sento doppiamente la stanchezza. I giorni più agitati sono il sabato sera e la domenica a pranzo, oppure quando ci sono le funcion ovvero eventi particolari come feste o matrimoni.
Ormai è da più di un mese che mi faccio questi “speciali sabato sera” di corsa. Le prime volte dovevo chiedere e richiedere l’ordine perché non capivo, ora invece faccio molti meno errori anche perché sto allenando l’orecchio al loro accento. Non so se è per questo o perché lo parlo tutti i giorni con Eva, la ragazza con cui mi sto frequentando, ma
concentrandomi capisco: non tutto, ma riesco a scandire le parole e il senso di quello che questi “australiani” dicono. Non penso più a cosa vuol dire ogni singola parola, quindi capisco più velocemente. E qualche frase dalla Rap Music, la comprendo.


Finalmente è sabato sera e tutti sono in ansia per il sicuro “busy” che avremo: gli chef ci danno tutte le istruzioni di cosa vogliono e cosa, assolutamente no. Orario 6.30, arriva il primo turno di persone: io lo chiamo il pre-partita perché da li capirai se sarà l’inferno sulla terra, oppure riuscirai comunque a respirare. Fino alle 7.30 si viaggia ad una media di un venerdì sera; ma è la pace prima della tempesta. Alle otto, davvero dovrebbero filmarlo, sono tutti in attesa e nervosi che si guardano, preoccupati perché il ballo non è ancora iniziato. Ed è dalle 8.15,che la macchinetta degli ordini incomincia a stampare mille fogliettini, più lunghi di uno scontrino dell’Esselunga per la cena di natale. CIPIMCIPIM-CIPIM e la guerra ha inizio: arrivano i primi ordini, le prima urla dalla cucina e i
primi favori chiesti ai lavapiatti. Da li alle 9.30 abbiamo la fila fuori per entrare. Guardi l’orologio alle 8 e torni sulla terra alle 10. Corri, sbagli, aiuti, chiedi scusa, parli, urli, chiedi aiuto, risbagli, credi,speri. Come una sveglia alle 9.30 arrivano i fuochi d’artificio ( lo fanno ogni sabato sera sempre allo stesso orario), e forse, il ritmo comincerà a calare.
Ci siamo, è proprio li che arriva il bello, perchè quando il ritmo finalmente diminuisce, dove tutti stanno parlando ancora della serata, e preparando le ultime pietanze, ti passa vicino lo Chef… Il mio chef è un professionista, sa come si fanno le cose, e ti bastona perché le vuole come lui dice: giustamente. Infatti abbiamo la fila fuori per entrare! Non è
uno che spreca parole, ma le dosa come se stesse preparando una torta.

Li, quando ormai cotto e sudato, stai preparando il centesimo cestino di gamberi, lui ti passa accanto e sussurra “Hei mate, good job tonight”. Nel mio lavoro do il 200%, sudo il sangue e mi spacco la testa: e tutto questo viene apprezzato prima dallo chef, e poi da tutto lo staff che ti fa i complimenti. In quel momento pensi a tutti i professori che ti hanno chiesto se questo è il massimo che puoi fare, se sei sicuro di quello che stai facendo, tutti quei figli di puttana che se la ghignavano sotto i baffi ad ogni tuo
fallimento, tutti i colloqui che non ti hanno più fatto sapere e di quelli che ti hanno preso in giro per tre mesi.

Sono l’uomo più contento sulla terra solo perché un altro uomo mi ha detto cinque stupide parole, ma per me hanno molta importanza.Mi
sento di avere fatto un altro passo in avanti, e tutto prosegue secondo gli step prefissati.

Cazzata partita in cucina: nessuno si dovrà tagliare i baffi per tutto il mese di novembre. Non so cosa voglia dire, ma lo farò!
Non ho internet da una settimana ed entro Lunedì prossimo mi devo trovare un’altra casa dove passare i prossimi mesi. Ho solo una settimana, e lavorerò sei giorni. Non so se c’è la farò ma alla fine… siamo a Sydney. COMONNA