A Londra per il colloquio

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l giorno del colloquio non ero teso. Di più. L’agitazione mi aveva fatto diventare un pezzo di legno e nella mia mente continuavo a pensare come potesse svolgersi una group interview. Arrivo li, e dopo alcuni minuti mi accorgo che… bene, sono l’unico che non parla inglese come lingua madre. 2 inglesi, 3 australiani, un neozelandese, 2 americani e un canadese. Poi si presentano loro: un tipo e una tipa della human resource.

Iniziamo: “È troppo semplice parlare se stessi per cui avete due minuti di tempo per conoscere il ragazzo/a alla vostra sinistra. Dopodiché dovrete presentarcelo, anzi dovrete vendercelo sottolineando i punti di forza, good luck”. Buuum trovo sto kiwi, iniziamo a parlare bla bla bla, fortunatamente non ha un accento fortissimo, capisco due tre cose e finisce il tempo. “Chi vuole iniziare”. Vado io per primo, al volo mi propongo è il mio turno bla bla bla bla, done. Almeno non mi sale l’ansia alle stelle.

Parlano tutti gli altri, faccio la faccia da finto interessato e arriva il turno della presentazione. Speravo anche qui di essere il primo a parlare per cavalcare l’adrenalina ed evitare l’agitazione invece… chiamano loro: penultimo. Sentivo solo i nomi pronunciati da in fondo l’aula. Nomi che sembravano proiettili pronti a colpire. BBBAAAMM chiamano quello di fianco a me. FFFFAAAbiaann quello seduto dietro di me, RRRRROOObert quello a sinistra, ma mai il mio turno. I capi prendono appunti e scrivo, scrivono, si guardano tra di loro ma non mi chiamano mai. Avanti il prossimo, non sono. Poi finalmente tocca a me e l’agitazione non gioca brutti scherzi. Guardo dritto negli occhi tutti, qualcuno è interessato, altri no, colgo con lo sguardo l’ultima che deve essere intervistata ed è visibilmente in fase “Mi sto sciogliendo”. Presentazione andata senza problemi, ora è il loro turno. Spiegano il ruolo di tour manager e il tutto finisce per le 12. “Ok ragazzi sono le 12, chiamate qui alle 12.45 e vi facciamo sapere se siete ammessi al colloquio individuale domani mattina”. 

Tesissimo aspetto, 12.45 telefonata dalla cabina rossa classica inglese:” Hey, sono ammesso ?” Risposta “Si ci vediamo domani alle 11”. YUUUU HUUUUUUU. Son andato a Londra con mio padre che mi ha tenuto tranquillo durante la preparazione del colloquio, ma soprattutto mi ha distratto nei momenti morti. Torniamo verso Victoria station e ci buttiamo in un Pub in cui ci scoliamo un paio di pinte. La prima non la sento nemmeno, la seconda mi scioglie e mi rilassa. Secco vado a letto, pronto per l’intervista del giorno dopo, pensando che sia una passeggiata.

L’indomani mattina mi sveglio bello pimpante, e dopo una leggera colazione sono pronto per il colloquio, convinto di poterlo gestire senza problemi.